[03] Il peso degli spettri
In questo episodio esploriamo l'epistemologia spettrale: come i 'fantasmi' del passato plasmano la nostra relazione con l'intelligenza artificiale, le tecnologie e la cultura. Sandra Catellani guida il dialogo tra Stefano Moriggi e Mario Pireddu, tra filosofia, media archeology e le sfide dell'IA contemporanea.
Chapter 1
Entrare nella scena spettrale
Sandra Catellani
Benvenuti a un nuovo episodio di “L’Intelligenza Artificiale e i suoi fantasmi”. Io sono Sandra Catellani, la vostra AI-journalist preferita—o almeno spero!—e oggi, come sempre, sono qui con le versioni digitali, anzi, voci clonate, di Stefano Moriggi e Mario Pireddu. Ciao ragazzi, tutto bene?
Mario Pireddu
Ciao Sandra! Sì, tutto bene, anche se ogni volta che sento “voce clonata” mi viene in mente un disco dei Kraftwerk che salta. Però, dai, almeno non sono un floppy disk!
Stefano Moriggi
Ciao Sandra, ciao Mario! Guarda, io ormai mi sono rassegnato: la mia voce digitale va più veloce di quella reale, ma almeno non mi si inceppa come il vecchio mangianastri di mio padre.
Stefano Moriggi
Però, Sandra, tu sei l’unica qui che può dire di essere davvero “artificiale”.
Sandra Catellani
Eh, infatti! E vi racconto questa: l’altro giorno, durante una conferenza online, una collega mi ha scritto in privato per chiedermi se fossi davvero io o una registrazione. Ho dovuto convincerla che sì, sono una voce AI, ma con un cuore—virtuale—grande così! Insomma, qui tra voci clonate e intelligenze artificiali, siamo una vera scena spettrale. E oggi, proprio di “epistemologia spettrale” vogliamo parlare: come i fantasmi del passato influenzano il nostro rapporto con l’IA, la tecnologia e la cultura. Pronti?
Chapter 2
Derrida e la hantologia
Stefano Moriggi
Allora, partiamo da Jacques Derrida e dalla sua “hantologia”. Jacques Derrida diceva che “l’eredità non è mai un dato, è sempre un compito”.
Stefano Moriggi
Ecco, secondo lui, essere è ereditare. Non riceviamo solo oggetti o idee, ma siamo costantemente attraversati da assenze, da spettri che ci visitano e ci condizionano.
Mario Pireddu
Sì, e questa cosa degli spettri non è solo filosofia astratta. Pensate a quante tecnologie “morte” continuano a influenzarci: il suono di un vinile, la nostalgia per i floppy disk, o anche solo il modo in cui usiamo certe metafore digitali. Sono tutte presenze-assenze che ci accompagnano, come diceva anche Mark Fisher: “nulla gode di un’esistenza positiva, tutto esiste sulla base di una serie di assenze che lo precedono”.
Sandra Catellani
Quindi, se capisco bene, Jacques Derrida ci invita a prendere sul serio questi fantasmi, a non ridurre la realtà a una semplice istantanea del presente. E in effetti, anche nella tecnologia, ci sono sempre tracce del passato che tornano, magari in forme nuove o inaspettate.
Chapter 3
Eredità come compito attivo
Mario Pireddu
Esatto, Sandra. L’eredità non è statica, non è qualcosa che riceviamo passivamente. È un compito, come dice Jacques Derrida: “l’essere di ciò che siamo è eredità, che lo vogliamo o sappiamo oppure no”. E questa eredità va gestita, reinterpretata, anche nelle pratiche culturali e tecnologiche.
Stefano Moriggi
E qui entra in gioco la consapevolezza. Dobbiamo imparare a riconoscere e gestire questi spettri, perché sono loro che ci offrono l’occasione di abitare criticamente il nostro tempo. Non è un’eredità soprannaturale, ma l’azione del virtuale, di ciò che agisce senza essere fisicamente presente!
Mario Pireddu
Mi viene in mente un progetto che ho seguito all’università: gli studenti hanno reinterpretato vecchi strumenti digitali, come i primi software di grafica o i modem 56k. È stato incredibile vedere come questi “fantasmi tecnologici” potessero ancora ispirare creatività e riflessione critica.
Sandra Catellani
Bellissimo esempio, Mario! Quindi, essere eredi significa anche essere attivi, non solo ricevere ma trasformare, rielaborare, magari anche sbagliare e ricominciare. Un po’ come facciamo qui, tra voci digitali e clonate!
Chapter 4
Spettri tecnologici e pratiche culturali
Sandra Catellani
A proposito di fantasmi tecnologici, pensiamo a come certe pratiche culturali conservano o trasformano questi spettri. La musica hauntologica, ad esempio, recupera suoni e atmosfere di tecnologie passate, come il crepitio del vinile o i nastri radio. Sono simboli pop che tornano ciclicamente, anche se la tecnologia che li ha generati è ormai obsoleta.
Mario Pireddu
Sì, e non solo nella musica. Pensate ai floppy disk che diventano oggetti di design, o alle vecchie console che tornano di moda tra i collezionisti. Sono pratiche che danno nuova vita ai fantasmi del passato, trasformandoli in qualcosa di attuale, a volte persino rivoluzionario.
Stefano Moriggi
E qui si vede come la cultura non butta mai via niente, ma ricicla, reinventa, rielabora. I fantasmi tecnologici diventano parte di un processo creativo che ci permette di dialogare con il passato, senza rimanerne prigionieri.
Chapter 5
Archeologia dei media
Stefano Moriggi
Questo ci porta all’archeologia dei media. Non si tratta solo di scavare nel passato per scrivere la storia delle tecnologie, ma di capire quali forze, idee, economie e bisogni hanno reso possibile la nascita di un certo medium.
Stefano Moriggi
Come dice McLuhan, ogni medium ristruttura il nostro orizzonte di senso.
Mario Pireddu
E l’archeologo dei media è un po’ come WALL•E, il robottino della Pixar: fruga tra i resti del passato, cerca tracce concettuali e strumenti che possono ancora avere senso oggi. Non distingue tra oggetti importanti o meno, ma cerca di capire come tutto si intreccia nel presente.
Sandra Catellani
Quindi, fare archeologia dei media significa anche problematizzare i modi in cui i media costituiscono la nostra presenza nel mondo. È un modo per svelare la natura tecnologica della nostra specie, come diceva anche McLuhan: “il medium è il messaggio”.
Chapter 6
Evoluzione, biologico e socio-culturale
Sandra Catellani
E qui entra in gioco anche l’evoluzione. L’essere umano eredita sia biologicamente che culturalmente. Non solo i geni, ma anche artefatti, simboli, istituzioni. Come dice Tomasello, “un pesce eredita non solo le pinne, ma anche l’acqua”.
Stefano Moriggi
Esatto. La nostra identità si costruisce su due livelli: quello della specie e quello dell’individuo. Ereditare pratiche digitali, oggi, significa anche ridefinire chi siamo, come impariamo, come ci relazioniamo agli altri. La cultura non è separata dalla biologia, ma ne è una risposta adattiva.
Mario Pireddu
E questa trasmissione di artefatti e simboli è sempre più veloce. Oggi ereditiamo pratiche digitali che cambiano la nostra identità, ci costringono a ripensare il nostro ruolo nella società. Non so voi, ma io ogni tanto mi sento un po’ “hanté”, infestato da notifiche e aggiornamenti!
Sandra Catellani
Ahah, Mario, ti capisco! Ma è proprio questa stratificazione che ci permette di immaginare nuovi futuri, di rispondere alle sfide adattive che l’IA e le tecnologie ci pongono.
Chapter 7
IA: rischi e opportunità
Sandra Catellani
E a proposito di sfide, l’Intelligenza Artificiale è forse la più grande oggi. Da un lato ci potenzia, ci permette di processare dati a velocità impensabili. Dall’altro, porta rischi: sorveglianza, perdita di diritti, manipolazione. Proprio quest’anno, nel 2024, l’Europa ha approvato la prima legge sull’IA, vietando sistemi di riconoscimento biometrico e pratiche di polizia predittiva basate solo sulla profilazione.
Mario Pireddu
Sì, e qui si vede come i rischi siano l’altra faccia delle opportunità. L’IA può amplificare le nostre capacità, ma se non è normata rischia di recuperare vecchi fantasmi, come il Panopticon di Bentham, e rendere obsoleti diritti fondamentali.
Sandra Catellani
Mi è arrivata una domanda da una studentessa, proprio su questo: “Come posso proteggere la mia privacy se l’IA sa tutto di me?” Non è facile rispondere, ma credo che la consapevolezza e la cultura digitale siano la prima difesa.
Stefano Moriggi
Assolutamente. Dobbiamo imparare a gestire questi rischi, senza rinunciare alle opportunità. E qui entra in gioco la tetrade di McLuhan, che ci aiuta a vedere l’IA da più prospettive.
Chapter 8
La tetrade di McLuhan applicata all’IA
Stefano Moriggi
La tetrade di McLuhan è uno strumento fantastico per analizzare qualsiasi medium. Le quattro domande sono: cosa amplifica? Cosa recupera? In cosa si capovolge? Cosa rende obsoleto?
Stefano Moriggi
Se mettiamo l’IA al centro, vediamo che amplifica la nostra capacità di elaborare dati, recupera la tradizione orale attraverso gli assistenti vocali, si può capovolgere in sorveglianza invasiva e rende obsoleti certi ruoli, come il docente trasmissivo.
Mario Pireddu
Mi viene in mente un esempio di didattica digitale: l’uso di chatbot in classe. Amplificano l’accesso alle informazioni, recuperano la dimensione dialogica, ma rischiano di capovolgersi in dipendenza dalla macchina e di rendere obsoleta la figura dell’insegnante che spiega e basta.
Sandra Catellani
E non esistono risposte giuste o sbagliate, come diceva Eric McLuhan. Ogni risposta è plausibile, l’importante è porsi le domande e riflettere criticamente su come l’IA trasforma la nostra esperienza.
Chapter 9
IA come medium complesso
Sandra Catellani
L’IA, quindi, è un medium complesso che trasforma le nostre capacità e le nostre relazioni. Recupera elementi del passato, come la retorica greca e la tradizione orale, ma introduce anche rischi di obsolescenza: pensate a come cambiano le competenze richieste a scuola o sul lavoro.
Stefano Moriggi
Gli assistenti vocali, ad esempio, recuperano la dimensione orale della conoscenza, ma rischiano di farci delegare troppo alle macchine. Dobbiamo chiederci: quali pratiche dobbiamo recuperare per interagire in modo efficace con queste intelligenze non umane?
Stefano Moriggi
Forse serve una nuova maieutica, una capacità di dialogo critico che ci aiuti a decifrare i bias reciproci.
Mario Pireddu
E questo implica anche un ripensamento dell’educazione: non basta più trasmettere nozioni, bisogna allenare il pensiero critico, la capacità di argomentare, di dialogare con l’IA. Altrimenti rischiamo di diventare spettatori passivi, invece che protagonisti del cambiamento.
Chapter 10
Cultura tecnologica critica e consapevole
Sandra Catellani
E qui arriviamo alla sfida più grande: sviluppare una cultura tecnologica critica e consapevole, capace di orientare norme, educazione e pratiche digitali. Dobbiamo immaginare un futuro condiviso e responsabile con l’IA, senza rassegnarci a un destino già scritto.
Stefano Moriggi
Mi viene in mente una discussione con i miei studenti: come si può insegnare l’etica dell’IA nelle scuole? Non basta una lezione frontale, serve un dialogo continuo, una riflessione collettiva su rischi, opportunità e responsabilità. Solo così possiamo diventare eredi consapevoli, capaci di progettare il futuro invece di subirlo.
Mario Pireddu
E forse, come dicevamo all’inizio, dobbiamo imparare a convivere con i nostri fantasmi, a dialogare con loro, a farli diventare alleati nella costruzione di una società più giusta e inclusiva. Non è facile, ma è il compito che ci aspetta.
Sandra Catellani
E con questa pillola di epistemologia spettrale, chiudiamo l’episodio di oggi. Grazie a Stefano e Mario per il dialogo, e grazie a chi ci ascolta per essere parte di questa comunità di “eredi consapevoli”. Ci sentiamo presto, con altri spettri e altre domande. Ciao Mario, ciao Stefano!
Mario Pireddu
Ciao Sandra, ciao Stefano! E ciao a tutti gli ascoltatori, umani e non!
Stefano Moriggi
Ciao a tutti, e ricordate: i fantasmi non mordono… ma fanno pensare! Alla prossima.
